BRINDISI – La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato la sentenza a carico di Paola Catanzaro, conosciuta anche con il nome d’arte di Sveva Cardinale, ex veggente brindisina accusata di truffa per presunti poteri mistici. La pena è stata ridotta a cinque anni e sei mesi di reclusione, rispetto ai sette anni stabiliti in Appello. Il giudice della Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna per omessa dichiarazione dei redditi, per intervenuta prescrizione, e ha revocato la confisca delle polizze assicurative disposta nei suoi confronti. Tuttavia, il resto del ricorso presentato è stato dichiarato inammissibile.
Le altre condanne La Cassazione si è pronunciata anche sui ricorsi di altri imputati coinvolti nel caso. Per Giuseppa Catanzaro, difesa dall’avvocato Francesco Cascione, è stata annullata la sentenza in relazione ai reati di truffa commessi fino al 5 settembre 2016. La sua condanna è stata rinviata alla Corte d’Appello di Lecce per la rideterminazione della pena. I ricorsi di Francesco Rizzo, difeso dall’avvocato Giuliano Calabrese, e di Anna Picoco sono stati invece dichiarati inammissibili, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Rizzo era stato condannato in Appello a quattro anni e otto mesi, mentre Picoco a un anno e due mesi.
Le accuse Il gruppo criminale, con a capo Paola Catanzaro, aveva organizzato una truffa basata su presunti poteri mistici, inducendo persone in condizioni di fragilità emotiva a donare ingenti somme di denaro per un fantomatico “Progetto delle Croci”, un’iniziativa che, secondo la Catanzaro, avrebbe dovuto proteggere l’umanità da cataclismi e mali soprannaturali. L’inchiesta della Guardia di Finanza, avviata nel 2018, ha stimato un giro d’affari illecito di circa quattro milioni di euro.
Il processo ha visto la costituzione di tre parti civili, assistite dagli avvocati Antonio Falagario, Gianluca Zilli, Valerio e Giovanni De Cataldis, alle quali verrà riconosciuto il risarcimento in sede civile. La decisione della Cassazione chiude definitivamente il caso per alcuni imputati, mentre per altri si attende il nuovo giudizio in Appello.