Uccise il vicino con un bilanciere: la Cassazione conferma la condanna a 23 anni di reclusione

MISANO ADRIATICO – Il delitto risale all’alba del 12 gennaio 2022 quando Edi Zegarac, il cinquantaquattrenne che poi sarà imputato per omicidio volontario, aveva atteso il rientro a casa del suo vicino, Nicola Donadio, che all’epoca dei fatti aveva cinquant’anni, con l’obiettivo di parlargli per convincerlo a rimettere una querela che quest’ultimo aveva presentato qualche tempo prima per lesioni personali, a riprova del fatto che tra i due vicini non ci fosse un rapporto idilliaco.

Ne era scaturita una violenta lite e una feroce aggressione: Zegarac aveva colpito alla testa il Donadio ripetute volte con un bilanciere d’acciaio e lo aveva lasciato a terra agonizzante.

All’arrivo dei Carabinieri del NOR di Rimini, la vittima era riuscita a rivelare il nome del suo aggressore:È stato Edi. È stato lui”.

Prima di spirare era riuscito anche ad indicare la porta del bagno dove ancora si nascondeva l’omicida, che – tra le lacrime –aveva confessato immediatamente il delitto e spiegato ai Carabinieri di aver avuto una sorta di “blackout mentale” al momento in cui si era trovato di fronte il vicino.

All’esito del giudizio di primo grado Zegarac, difeso dall’Avv. Massimiliano Orrù, era stato condannato dalla Corte d’Assise di Rimini alla pena di 15 anni e 4 mesi di reclusione, oltre a 4 anni di libertà vigilata.

La quantificazione della pena in tal senso era dipesa dal mancato riconoscimento delle aggravanti dei futili motivi e della minorata difesa e dall’applicazione di uno sconto di pena, in conseguenza della richiesta dell’imputato di procedere con il rito abbreviato.

La sentenza di primo grado era poi stata impugnata tanto dalle parti civili (le quattro figlie di Donadio e la moglie, difese dall’Avv. Massimiliano Melillo), che avevano richiesto una pena ben più severa, quanto dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Rimini, Dott. Davide Ercolani.

La Corte d’Assise d’Appello di Bologna, riconoscendo stavolta le circostanze aggravanti in precedenza negate, aveva aumentato la pena comminata in primo grado e di conseguenza condannato l’omicida alla pena di 23 anni di reclusione.

Oggi la sentenza della Corte di cassazione che ha rigettato il ricorso presentato dall’imputato e confermato la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna, rendendo definitiva la pena irrogata.