Strage di Fidene: Claudio Campiti condannato in primo grado all’ergastolo

ROMAAl termine di una lunga camera di consiglio, durata più di sette ore, la Corte d’Assise di Roma ha emesso sentenza di condanna alla pena dell’ergastolo nonché alla pena accessoria dell’isolamento diurno per tre anni nei confronti di Claudio Campiti, in totale accoglimento della richiesta avanzata dal Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Giovanni Musarò.

Era una domenica, l’11 dicembre 2022, quando l’uomo entrò con un’arma nel gazebo di via Monte Giberto a Fidene, all’interno del quale si stava svolgendo la riunione condominiale del Consorzio “Valle Verde” e iniziò a sparare casualmente sui partecipanti.

Uccise sul colpo quattro donne (Nicoletta Golisano, Sabina Sperandio, Elisabetta Silenzi e Fabiana De Angelis), altre persone rimasero gravemente ferite.

Fu uno dei condomini a porre fine alla strage, Silvio Paganini, che riuscì a bloccare e disarmare Campiti, evitando ulteriori conseguenze disastrose.

Per commettere i delitti in ragione dei quali è stato prima imputato e poi condannato, l’uomo si premurò di sottrarre l’arma, una Glock, dal Poligono di Tiro di Tor di Quinto, con il preciso intento di utilizzarla per sparare ai condomini nei confronti dei quali nutriva un particolare risentimento.

Negli anni precedenti, infatti, aveva presentato alcuni esposti in Procura, perché – secondo quanto da lui dichiarato –erano state compiute alcune ingiustizie nei suoi riguardi, perché era stato privato immotivatamente degli allacci d’acqua e fognari.

Farsi giustizia da solo: questo l’obiettivo avuto di mira.

Nel corso del procedimento di primo grado appena concluso, Campiti, imputato per omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, tentato omicidio di cinque persone che si trovavano sedute al tavolo del Consiglio di amministrazione del Consorzio nonché lesioni personali derivate dallo shock psicologico subito dai superstiti, non ha mai mostrato alcun segno di pentimento.

Anzi, fino al momento che ha preceduto la lettura della decisione della Corte d’Assise, ha dichiarato di “non aver ucciso per futili motivi”, avendo vissuto per anni in una casa senz’acqua e ha chiesto ai giudici l’assoluzione, affinché il suo processo potesse avere “un valore sociale”.

Insieme all’autore degli omicidi, sono stati imputati anche Bruno Ardovini, all’epoca dei fatti Presidente della Sezione Tiro a Segno e Giovanni Maturo, addetto all’armeria del Poligono di Tor di Quinto, dove Campiti noleggiò l’arma: il primo è stato condannato alla pena (sospesa) di tre mesi di reclusione per omessa custodia dell’arma, anche se è stato disposto l’invio degli atti in Procura al fine di valutare un’eventuale accusa di omicidio come conseguenza di altro reato; il secondo, invece, è stato assolto.

È stata da ultimo esclusa la responsabilità civile del Ministero dell’Interno e del Ministero della Difesa nonché dell’Unione Italiana Tiro a Segno.

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