Il diamante scomparso e il carabiniere assolto: “Il fatto non sussiste”

Foto di Judy Sengsone

Milano – Un diamante da 35 mila euro, trovato per strada, portato in caserma e poi sparito nel nulla. Una vicenda dai contorni oscuri che si è chiusa, almeno per ora, con un’assoluzione piena: la II Corte d’Appello di Milano ha assolto con formula piena un vice brigadiere dei carabinieri, già condannato in primo grado per peculato.

La vicenda era iniziata con il racconto di una donna che, dopo aver rinvenuto il presunto gioiello per strada, lo aveva consegnato ai carabinieri, su consiglio di un sacerdote. A quel punto, però, dell’anello non si era più avuta traccia. La pietra, che un gioielliere aveva valutato in circa 35 mila euro, non è mai stata ritrovata.

Nel giugno del 2024, il militare era stato condannato a quattro anni di reclusione e oltre 40 mila euro di confisca. A suo carico, una serie di elementi giudicati indiziari: tra questi, alcune ricerche sul proprio telefono contenenti la parola “anello”. Elementi che secondo l’accusa provavano un interesse personale sul bene scomparso. Il militare ha sempre negato la paternità di quelle ricerche e la difesa ne ha contestato la rilevanza.

A pesare sulla sentenza di primo grado anche un episodio del passato: il vice brigadiere era stato coinvolto in un caso simile, quando aveva restituito uno zaino ma senza i contanti contenuti nel portafoglio. Un precedente che, secondo l’avvocato difensore Gabriele Maria Vitiello, non avrebbe dovuto influire, ma che di fatto aveva contribuito a creare un pregiudizio.

La Corte d’Appello, presieduta dal giudice Enrico Manzi, ha ribaltato completamente l’esito del processo, stabilendo che “il fatto non sussiste”. Per la difesa, si tratta del giusto epilogo per una vicenda nata su basi fragili. “Questa assoluzione restituisce dignità a un servitore dello Stato”, ha commentato Vitiello, parlando di una sentenza “giusta” che ha ristabilito la verità.

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