Assolti in appello per violenza sessuale di gruppo: la ragazza era consenziente, anche se ubriaca

BOLOGNAPerché il fatto non costituisce reato”: con formula di assoluzione piena la Corte d’Appello di Bologna, presieduta dalla Consigliera Paola Lo Savio, ha confermato la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Ravenna nei confronti di due imputati per violenza sessuale di gruppo con abuso delle condizioni della vittima, all’epoca dei fatti diciottenne.

Secondo la tesi della Pubblica Accusa sostenuta sia in primo sia in secondo grado il trentaquattrenne, ex calciatore del Ravenna calcio e difeso dagli Avv.ti Francesco Papiani e Raffaella Salsano, si sarebbe occupato di immortalare col cellulare la scena di violenza, mentre il trentatreenne, commerciante d’auto usate e difeso dagli Avv.ti Silvia Brandolini e Carlo Benini, sarebbe stato individuato quale autore materiale dell’abuso perpetrato ai danni della giovane ragazza, asseritamente non consenziente al rapporto sessuale.

I fatti storici risalgono alla notte tra il 5 e il 6 ottobre 2017: dopo una serata trascorsa tra vino e superalcolici, la ragazza, in evidente stato di ebbrezza, viene accompagnata a spalla in un appartamento in centro città dagli imputati.

Inizialmente, i due tentano di farla svegliare con una doccia fredda; lì, viene filmata una prima volta.

La ragazza non dà alcun segno di ripresa, quindi, la fanno sdraiare sul divano e uno di loro ha con lei un rapporto sessuale, che viene ripreso con il cellulare dall’altro uomo.

Dopo qualche giorno, la diciottenne va a denunciare l’episodio accompagnata dal suo fidanzato, seppur ricordando solo piccoli frammenti della serata.

Al tempo, sulla base delle dichiarazioni della ragazza quale persona offesa dal reato e soprattutto dei video, gli imputati – che, fin dal principio, hanno sostenuto la consensualità del rapporto – sono stati sottoposti alla misura cautelare personale della custodia in carcere, in seguito revocata dal Tribunale del Riesame.

Se per due magistrati del Pubblico Ministero di primo e di secondo grado si è trattato di violenza sessuale di gruppo, filmata dagli stessi partecipanti, di ben diverso parere sono stati i magistrati giudicanti.

Secondo le motivazioni riportate nella sentenza di assoluzione, giunta all’esito del procedimento in primo grado, la capacità della ragazza di esprimere un valido consenso, perché ritenuta “pienamente in sé”, sarebbe stata desumibile dalla circostanza per cui pochi minuti prima “di avere il rapporto in contestazione” sarebbe riuscita ad interloquire con gli amici e a rispondere congruamente alle domande della madre per telefono.

Nello specifico, la sussistenza dell’elemento imprescindibile del consenso sarebbe stata provata dalla mimica e dalla gestualità della ragazza all’interno del filmato, in quanto documenterebbe la sua partecipazione al rapporto sessuale.

Ed è proprio da questo video, secondo i giudici di prime cure, che “non si apprezza costrizione o manovra seduttiva, istigativa o persuasiva” da parte del denunciato autore dell’abuso né “passività inerte o incoscienza della vittima”.

Rilevante la scansione temporale dei fatti: lo stato di ebbrezza sarebbe stato accertato intorno all’1.00 di notte, mentre il rapporto sessuale sarebbe avvenuto alle 4.22; da quest’intervallo non potrebbe derivare in maniera inequivocabile la prova che la ragazza “al momento del rapporto fosse ancora in condizioni tali da inibire la capacità di consentire un atto sessuale”.

Il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna, Dott.ssa Angela Scorza, ha impugnato la sentenza, perché la ragazza sarebbe stata “completamente indifesa” e preda del “comportamento denigratorio dei presenti”.

Nel corso del giudizio di secondo grado, la Procura Generale di Bologna ha chiesto la rinnovazione del dibattimento attraverso l’audizione dei testimoni di quella sera e della persona offesa, costituitasi parte civile e difesa dall’Avv. Elisa Cocchi, nonché l’applicazione di una pena di 7 anni di reclusione per l’autore della violenza e di 4 anni per colui che si è occupato di filmarla, a fronte dei 9 anni per entrambi che erano stati chiesti in primo grado.

Richieste che, però, non sono state accolte dalla Corte d’Appello di Bologna, che ha deciso per l’assoluzione di entrambi gli imputati e si è riservata di depositare le motivazioni della sentenza entro 60 giorni.

Giorgia Cappella

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