Avellino, estorsione con metodo mafioso: chieste condanne fino a 11 anni per otto imputati

foto di Costangelopacilio

Si è svolta davanti al Tribunale collegiale di Avellino, presieduto dalla giudice Sonia Matarazzo, una nuova udienza del processo che vede coinvolti otto imputati, accusati a vario titolo di estorsione aggravata e associazione di tipo mafioso nel territorio del Vallo di Lauro. Al centro del dibattimento vi sono le dichiarazioni di Aniello Acunzo, ex collaboratore di giustizia oggi deceduto.

La pubblica accusa, rappresentata dalla pm Ilaria Sasso – subentrata al collega Francesco Soviero, titolare delle indagini nella fase iniziale – ha formulato le richieste di condanna: 11 anni per Florio Galeotalanza, 8 anni per Francesco Maione (limitati a due capi d’imputazione, privi dell’aggravante mafiosa), e 7 anni ciascuno per Salvatore Cava e Antonio Miranda.

Secondo la ricostruzione accusatoria, gli imputati avrebbero preteso elettrodomestici senza corrispettivo economico e quote su attività di recupero crediti. Episodi descritti da Acunzo come parte di un meccanismo di controllo tipicamente mafioso.

Le difese, tuttavia, hanno contestato con forza la ricostruzione della Procura. L’avvocato Raffaele Bizzarro, legale di Cava e Galeotalanza, ha sottolineato l’assenza di riscontri oggettivi, definendo “inverosimili” alcuni passaggi delle dichiarazioni rese da Acunzo. Tra gli elementi contestati, la presunta presenza della moglie e della figlia del collaboratore durante un’intimidazione. A sostenere altri imputati vi è anche l’avvocato Lucio Mariano Sena.

Al centro del processo resta il tema dell’aggravante mafiosa, ritenuta dalla stessa accusa non sussistente in almeno un caso. Il procedimento riprenderà con la discussione finale nell’udienza fissata per l’11 luglio.

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *