Il caso Alberto Trentini scuote Venezia: in carcere da mesi in Venezuela, senza accuse formali

Un’iniziativa senza precedenti ha preso vita ieri lungo le acque del Canal Grande a Venezia: oltre cinquanta imbarcazioni hanno sfilato da Santa Chiara a San Marco per chiedere la liberazione di Alberto Trentini, il cooperante 45enne originario del Lido detenuto da sei mesi in Venezuela, in totale assenza di accuse formali.

Il caso di Trentini sta suscitando crescente attenzione a livello internazionale. Fermato il 15 novembre scorso in Venezuela mentre si recava nei villaggi interni del Paese per una missione umanitaria della ONG per cui lavorava, è stato bloccato a un posto di controllo e trasferito alla Dirección General de Contrainteligencia Militar, organismo sotto il diretto controllo del presidente Nicolás Maduro. Da quel momento, di lui si sono perse le tracce. Nessuna telefonata alla famiglia, nessuna comunicazione ufficiale da parte delle autorità venezuelane.

Il Ministero degli Esteri italiano, secondo fonti vicine alla Farnesina, ha aperto da settimane un canale diplomatico con Caracas, ma la situazione resta in stallo. A occuparsi del caso è il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma Giovanni Greco, che ha aperto un fascicolo esplorativo per sequestro di persona all’estero in danno di un cittadino italiano.

Dopo più di 100 giorni dalla perdita di notizie di Alberto la famiglia consigliata dall’avvocata Alessandra Bellerini ha voluto rompere il silenzio stampa.

L’alzaremi finale della manifestazione di ieri, seguito da un lungo applauso, è stato il simbolo della città che non dimentica uno dei suoi figli. Ma la battaglia legale e diplomatica è appena cominciata.

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