ROMA – Il G.U.P. presso il Tribunale penale di Roma, all’esito del procedimento celebrato con rito abbreviato, ha condannato alla pena di 30 anni di reclusione Ugo Di Giovanni ed Emiliano Sollazzo, ritenuti i mandanti dell’omicidio di Andrea Gioacchini, il trentaquattrenne raggiunto da quattro colpi di pistola il 10 gennaio 2019 davanti all’asilo nido dei figli in zona Magliana e a 20 anni di reclusione Fabrizio Olivani, qualificato come esecutore materiale del delitto.
Il capo di imputazione pendente nei confronti dei tre uomini era quello di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dal metodo mafioso: secondo quanto ricostruito dagli organi inquirenti Di Giovanni e Sollazzo avrebbero pianificato l’omicidio di Gioacchini con largo anticipo, affidando l’esecuzione a Olivani, il quale – dopo aver osservato attentamente le abitudini di vita della vittima, recandosi nei giorni precedenti davanti la scuola di via Castiglion Fibocchi – si sarebbe posizionato sul luogo dell’omicidio già diverse ore prima dell’arrivo di Gioacchini.
Il trentaquattrenne, conosciuto come “Barbetta” e sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, aveva appena terminato un periodo di detenzione presso il carcere di Civitavecchia ed era un nome ben noto alle Forze dell’ordine in ragione del suo lungo curriculum criminale.
L’uomo sarebbe stato ucciso proprio davanti l’asilo dei figli, mentre si trovava all’interno della sua Toyota insieme alla compagna, rimasta ferita in conseguenza dell’aggressione.
Le indagini, coordinate dal Magistrato addetto alla Direzione Distrettuale Antimafia Dott. Francesco Cascini, hanno accertato che Olivani, a bordo di uno scooter, avrebbe pazientemente atteso che la vittima accompagnasse i bambini a scuola per poi affiancarsi all’autovettura parcheggiata ed esplodere quattro colpi di arma da fuoco, così ferendo gravemente Gioacchini che, trasportato d’urgenza all’Ospedale San Camillo, sarebbe morto poco dopo.
L’assassinio, che ha immediatamente assunto le sembianze di un’azione dimostrativa in pieno stile mafioso, ha indirizzato gli investigatori sulla strada della guerra interna tra bande criminali.
Il movente, infatti, sarebbe stato legato alla volontà dei due mandanti di rafforzare il proprio potere sulla zona della Magliana, storicamente contesa tra alcuni clan: Di Giovanni, figlio del socio storico del boss camorrista Michele Senese, il quale da trent’anni è al vertice del narcotraffico romano, avrebbe assunto un ruolo chiave nella gestione del traffico di stupefacenti nella capitale.
Giorgia Cappella