“Alfred the Gentleman. Dialoghi semiseri sulla vita, sul sole che sorge e sulle altre cose che contano” (Edizioni Progetto Cultura, dic. 2024)

È l’ultima opera di Roberto Croce, avvocato, scrittore e poeta. Un’opera singolare, bilingue (con testo inglese a fronte, tradotto dallo stesso Autore), che affronta con la forma letteraria del dialogo una moltitudine di temi etici e filosofici di rilievo, in tutto 80 questioni “che contano” nell’esistenza di ciascuno di noi, dove quella del “gentleman” è metafora della gentilezza dello spirito.

Già dalla copertina, nella rappresentazione del salotto dipinto dall’artista Liesbeth Veltkamp, si coglie lo spirito dell’opera, così descritta nella prefazione della scrittrice Luciana Vasile:

“Siamo in Inghilterra. L’atmosfera è rarefatta e senza tempo, lo spazio la calda luce che emana dalla fiamma che arde in un caminetto, in mano una tazza di tè. Tutto è calmo e invita alla meditazione. […]

I dialoghi sono brevi… Poche righe di estrema sintesi per lanciare lo strale. A volte colpisce l’anima oppure la ragione, a volte il cuore e i sentimenti, o ancora la sensibilità. In definitiva tutto ciò che è dentro portarlo, senza paura, fuori, tenerlo nel cavo della mano e guardarlo negli occhi con tutta la nostra benevolenza attraverso il beneficio del dubbio e la predisposizione alla tolleranza. Questa l’indicazione dell’Autore tramite le parole di Sir Alfred. 

Occasione per ponderare. Per riflettere sulla vita e i suoi aspetti più profondi. […] Insomma un libro dove protagonista è l’anima ubriaca di sogni, vademecum il cuore.”

Nell’Introduzione dello stesso Autore si legge ancora: 

“Simbolicamente nobiluomini nell’anima ma, più semplicemente, esseri umani, Sir Robert e Sir Alfred si interrogano sui sentimenti e sulle altre “cose che contano” nella vita. “Cose” come la felicità, l’amore, la giustizia, l’onestà, il coraggio e le mille altre sfumature nel cielo della storia, di quelle che illuminano il volto con le virtù o che lo adombrano con le miserie morali. “Alfred il gentleman” sembra avere sempre la risposta giusta. In realtà, ogni risposta è una domanda che interroga la coscienza.”

L’opera è stata subito presentata alla Fiera della piccola e media editoria “Più libri più liberi”, alla Nuvola di Fuksas a Roma; e poi, con altrettanto successo di pubblico, sia presso la libreria Mangiaparole (sede della casa editrice) sia presso la Libreria Koob all’Olimpico. In queste occasioni l’Autore ha pronunciato un discorso che non possiamo non riportare integralmente:

“Succede nella vita di smarrire il bene per noi più prezioso e di cercarlo per strade lunghe e tortuose. Ma nella mia metafora non mi riferisco all’amore, ma al senso della nostra esistenza. Qual è questo senso?

Se lo sono chiesto schiere di filosofi e pensatori, ne hanno parlato gli scrittori di ogni epoca.

Dante si trovò in una selva oscura e dovette attraversare l’inferno, il purgatorio e il paradiso prima di tornare a riveder le stelle. 

E, prima ancora, Ulisse: ricordate l’Odissea? Lasciò i piaceri dell’isola di Ogigia e i favori della dea Calipso per affrontare la tempesta, pur di tornare a casa, a Itaca, dalla sua Penelope, dal figlio Telemaco e dal fedele cane Argo.

“Casa”… cosa intendeva dirci Omero?

Chi ha fatto studi classici sa benissimo che il concetto di “casa”, dimora, sede, abitazione, soggiorno, si esprimeva con il termine èthos, da cui deriva la nostra parola etica, che esprimeva anche i concetti di abitudine, consuetudine e attitudine psicologica, comunitaria oppure personale. Per etica si intende quel ramo della filosofia che analizza il comportamento corretto di una persona, il suo modo di pensare e il suo bagaglio di valori. Ma il termine indica anche il percorso di ricerca per gestire nel modo più consono la propria libertà senza distruggere e sminuire quella altrui. 

In sostanza, riguarda il senso dell’esistere dell’uomo.

Qual è allora la nostra vera casa, la nostra etica, il senso del nostro esistere?

Io trovo una sola risposta: l’umanità, che in una parola sintetizza la scala dei valori umani posti a base della convivenza civile, sollecitando la consapevolezza dell’individuo e di conseguenza il progresso sociale.

Ci sono mille altri esempi letterari e filosofici, ma i tempi che viviamo sembrano non lasciare più spazio alle domande, alla riflessione, all’auto-determinazione verso una crescita personale che traduca in azioni concetti come virtù, condivisione, fratellanza, generosità, sensibilità, rispetto.

La nostra epoca ha smarrito il senso dell’essere in favore di quello dell’avere.

L’uomo sembra programmato per una grande catena di montaggio dove l’unico scopo dell’esistenza è il consumo di beni e di servizi, di affetti e di relazioni, nella ricerca spasmodica e sempre insoddisfacente – e sempre insoddisfatta – della felicità del momento: ma non di quella dell’anima, bensì di quella del corpo, dell’effimero.

Una scrittrice contemporanea, G. Middei, ha osservato: “la nostra è una società che non ha più tempo per l’eleganza, per la bellezza, per la complessità; abbiamo sinteticità ma non chiarezza, rapidità ma non efficienza, informazioni ma non conoscenza. La gente non sa più pensare” – ed io aggiungo, non ha tempo e voglia di pensare – ed ecco perché ci affidiamo alle intelligenze artificiali”. 

Se n’è accorto anche il filosofo Galimberti, chiedendosi cosa direbbero gli antichi greci – ai quali dobbiamo le categorie del pensiero – di fronte alla nostra realtà del 2025:

“Un mondo in cui la tecnologia ha preso il posto della riflessione, in cui l’immediatezza delle risposte ha ucciso la profondità delle domande”. (…) “Aristotele ci ricorderebbe che il fine ultimo dell’uomo è la felicità, ma non quella superficiale del piacere immediato: la felicità che deriva dalla virtù, dal vivere secondo il proprio telos, il proprio scopo.” (…) “Abbiamo bisogno di recuperare il tempo per riflettere, per dialogare, per chiederci cosa significhi vivere una vita buona, non solo produttiva.”

Buona e felice, secondo la definizione che ne diede lo scrittore Gianni Rodàri: “Forse la felicità sta nel fare le cose che possono arricchire la vita di tutti gli uomini”. 

Ma una società fondata sull’avere più che sull’essere è una società che esibisce il corpo come un gioiello, ma poi nasconde i sentimenti e le emozioni come una colpa.Dove anzi, sempre più spesso, si ignorano e si calpestano i sentimenti e le emozioni altrui, non riconoscendole o peggio ignorandole. E’ una società che vive di apparenze, della legge del più forte, anzi, del più ricco, ma poi dimentica la ricchezza che si nasconde nel cuore di ogni bambino e poi di ogni uomo e donna: quella che abbiamo il compito di custodire e di far crescere insieme a noi, la ricchezza dell’umanità.

Ecco allora il senso della frase finale di Sir Alfred, quella che conclude il mio libro nell’ultimo dialogo, “Il gentleman”: “è difficile incrociare lo sguardo di un cuore”. 

E’ il cuore di ognuno di noi che deve battere di umanità, per il bene e la felicità personale, della società in cui vive e, in definitiva, per la pace ed il benessere dei popoli.

Sembra un’utopia, vero? La storia è fatta dagli uomini, e un cuore che batte ce l’hanno tutti. Ma un cuore che sappia guardare e vedere nel cuore degli altri è solo un cuore cosciente della propria umanità.

Nel primo dialogo, quello che apre il libro, Sir Robert chiede se vivere non sia sufficiente per esistere. Sir Alfred risponde di no. È la coscienza che indirizza le azioni e ci fa crescere. Che ci fa davvero esistere, dal latino ex (fuori) e sistere (porre, collocarsi). 

Esiste chi viene fuori dal vivere ordinario, dalla catena di montaggio di cui parlavo prima. 

O, per citare l’antico mito di Platone, dalla vita come caverna in cui siamo tutti prigionieri con la faccia verso il muro, davanti ad una falsa realtà che crediamo vera e che assecondiamo acriticamente. 

Esiste chi sappia discernere la scala dei valori che arreda la nostra vera casa, quella che non dobbiamo mai dimenticare o dalla quale non dobbiamo mai allontanarci: la casa dell’umanità. 

A volte la strada per ritrovarla può essere lunga e tortuosa, ma vale la pena percorrerla. 

“Alfred the gentleman” non possiede tutte le risposte. Anzi, credo che abbia il solo merito di porre delle domande. Ed è un libro aperto, perché stimola il lettore a cercare da sé altre domande. 

Ma, citando ancora Galimberti, “I libri non servono per sapere ma per pensare, e pensare significa sottrarsi all’adesione acritica per aprirsi alla domanda, significa interrogare le cose al di là del loro significato abituale reso stabile dalla pigrizia dell’abitudine.”

Spero che, leggendolo, ciascuno di voi sappia trovare le giuste domande da porsi nella vita. Se ci sarà riuscito, sarà anche un po’ merito di Sir Alfred the gentleman.”

Siamo certi che i “dialoghi semiseri” del collega Roberto Croce sapranno stimolare la curiosità intellettuale e sollecitare l’esigenza di interrogarsi sul senso della vita, risvegliando la consapevolezza etica di ciascuno. 

Curriculum 

Roberto Croce, avvocato del Foro di Roma, cassazionista e Solicitor of England and Wales (n.p.), ha già pubblicato “La libertà di amare. Romanzo emozionale in chiave poetica” (Ciampi, 2019), “Parole di favole e favole di parole” (Porto Seguro, 2022), “L’illusionista” (Affiori-Giulio Perrone, 2023), “Il giardino del cuore” (Ed. Progetto Cultura, 2024) e “Alfred the gentleman. Dialoghi semiseri sulla vita, sul sole che sorge e sulle altre cose che contano” (Ed. Progetto Cultura, 2024). Ha partecipato a diverse antologie poetiche e di racconti ed ha ricevuto il Premio Internazionale Spoleto Art Festival per la Letteratura 2022, 2023 e 2024 e numerosi altri riconoscimenti, fra cui la menzione della giuria al Premio Internazionale La Ginestra (2024), quella per meriti letterari dall’Accademia Tiberina (2024), il Premio Europeo Oscar Wilde (2024) e il premio “Leone d’Oro della Cultura e della Letteratura” del Menotti Art Festival e Quotidiano La Notte nell’ambito della Biennale di Venezia 2025.

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