NAPOLI – È arrivata con una formula piena l’assoluzione per il difensore del Monza, Armando Izzo, nel procedimento che lo vedeva imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e frode sportiva aggravata dal metodo mafioso. La Corte d’Appello di Napoli, presieduta dal giudice Giovanni Carbone con relatore il magistrato Alberto Maria Picardi, ha stabilito che “il fatto non sussiste” per quanto riguarda il presunto legame con il clan Vinella Grassi di Secondigliano, mentre per l’accusa di frode sportiva legata alla partita Modena-Avellino del 17 maggio 2014, la formula è stata “per non aver commesso il fatto”.
Il processo prendeva le mosse da una più ampia indagine che, nel tempo, ha coinvolto anche altri tesserati e dirigenti sportivi. In particolare, a Izzo veniva contestato di aver contribuito ad alterare l’esito del match valido per la Serie B 2013/2014, quando il calciatore vestiva la maglia dell’Avellino. Le indagini, avviate ormai dieci anni fa, si erano concentrate su possibili contatti tra ambienti criminali e il mondo del calcio professionistico.
Difeso dagli avvocati Alfredo Capuano, Salvatore Nugnes e Stefano Montone, Izzo ha sempre respinto ogni addebito, professando la propria innocenza e fiducia nella giustizia. “Ho sempre creduto nel lavoro dei magistrati e oggi posso finalmente voltare pagina”, ha dichiarato il difensore al termine dell’udienza, ringraziando i suoi legali, la famiglia e la società del Monza. “Un grazie speciale – ha aggiunto – va ad Adriano Galliani e al compianto Silvio Berlusconi, che non hanno mai smesso di sostenermi, anche nei momenti più difficili”.
Il club brianzolo, attraverso una nota ufficiale, ha espresso soddisfazione per la sentenza, ricordando come il giocatore abbia sempre mantenuto un comportamento irreprensibile, anche nei lunghi anni in cui il processo ha rappresentato un’ombra sulla sua carriera.
Con questa decisione, che chiude un capitolo lungo e complesso, Armando Izzo può ora concentrarsi esclusivamente sul campo, lasciandosi alle spalle un’accusa tanto infamante quanto infondata, secondo quanto stabilito dai giudici.