Caso Raciti, la giustizia dice no alla revisione: “Le nuove prove non scardinano il giudizio”

A diciotto anni dalla morte dell’ispettore Filippo Raciti, il caso che segnò uno dei momenti più drammatici del calcio italiano non sarà oggetto di un nuovo processo. La Corte d’Appello di Messina, sezione penale minorenni, ha ritenuto “manifestamente infondata” la richiesta di revisione del procedimento penale a carico di Antonino Speziale, presentata dal suo storico difensore, l’avvocato Giuseppe Lipera.

Speziale, condannato a otto anni e otto mesi per omicidio preterintenzionale (pena già scontata), era stato ritenuto responsabile, insieme a Daniele Natale Micale, della morte di Raciti, avvenuta dopo essere stato colpito da un oggetto contundente – un sottolavello in lamierino – lanciato durante gli scontri fuori dallo stadio catanese prima del derby col Palermo.

La difesa ha fatto leva su due testimonianze rilanciate nel 2020 da “Le Iene”: un uomo e una donna che ipotizzano una causa diversa del decesso, il cosiddetto “fuoco amico”. Raciti, secondo questa ricostruzione alternativa, sarebbe stato travolto da un veicolo della polizia. Ma secondo la Corte, tali testimonianze non superano i criteri di affidabilità richiesti per avviare una revisione: “Le prove devono essere tali da sovvertire l’impianto logico e giuridico della condanna – si legge nel provvedimento – ma queste risultano lacunose e fragili”.

Lipera ha anche sollevato il tema della mancata disponibilità degli atti relativi all’assoluzione, nel 2022, dei due testimoni per il reato di diffamazione. Il gup li ha prosciolti “perché il fatto non sussiste”, ma la difesa sostiene che quegli atti non siano mai stati valutati nel merito.

Un nuovo ricorso è ora all’attenzione della Corte di Cassazione. Ma la strada per una revisione del verdetto, a quasi vent’anni dai fatti, appare ancora tutta in salita.