La quarta sezione penale della Corte d’Appello di Torino ha confermato la condanna a quattro anni di carcere per l’ex prefetto di Vercelli, Salvatore Malfi, riconoscendolo colpevole di maltrattamenti ai danni della colf. La pena, ridotta rispetto ai cinque anni e mezzo inflitti in primo grado, esclude l’accusa di estorsione per i fatti antecedenti al 2014, che sono stati ritenuti insussistenti. Tuttavia, i giudici hanno riconosciuto che il comportamento dell’ex prefetto andava oltre il semplice mobbing e configurava un vero e proprio caso di maltrattamenti.
Al termine dell’udienza, Malfi ha dichiarato di non voler chiedere misure alternative alla detenzione: “Ho la mia idea, perciò andrò fino in fondo: è una questione etica. E se dovrò andare in galera, ci andrò”, ha affermato.
L’inchiesta è nata da un’indagine più ampia sull’accoglienza dei migranti nel Vercellese tra il 2014 e il 2016, in cui Malfi era accusato di corruzione, turbativa d’asta, abuso d’ufficio e frode in pubbliche forniture. Da questi capi d’accusa, tuttavia, è stato assolto in entrambi i gradi di giudizio. Le due funzionarie coinvolte nella vicenda, Cristina Bottieri e Lucia Castelluccio, hanno invece ottenuto la prescrizione per i reati contestati.
Le prove contro Malfi si basano principalmente sulle registrazioni effettuate dalla colf, che hanno documentato un costante clima di vessazioni. Secondo quanto riportato nei verbali, la lavoratrice subiva minacce, insulti e pressioni affinché accettasse una retribuzione inferiore a quanto pattuito. L’accusa, sostenuta dal pubblico ministero Davide Pretti, ha evidenziato anche un presunto tentativo di intimidazione nei confronti della donna da parte dell’ex vice prefetto Raffaella Attianese, la quale avrebbe dichiarato: “Contro il Prefetto non si è mai messo nessuno” e “Sarebbe disposto a fare di tutto, è uno che tira fuori gli artigli”.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Roberto Scheda e Oliviero Mazza, ha espresso dissenso rispetto alla sentenza, sottolineando che “rispettiamo la decisione della Corte, ma riteniamo che non vi siano elementi concreti per parlare di maltrattamenti, stalking o estorsione”. Gli avvocati hanno annunciato che presenteranno ricorso in Cassazione non appena saranno depositate le motivazioni della sentenza.
Nonostante la riduzione della pena, il caso di Malfi resta emblematico di una linea giudiziaria sempre più attenta ai diritti dei lavoratori domestici e alla tutela della loro dignità, paragonando le loro condizioni a quelle delle vittime di violenza domestica. Il verdetto della Corte d’Appello, infatti, riconosce che i maltrattamenti subiti dalla colf sono assimilabili a quelli riscontrati nelle situazioni di abuso tra coniugi o conviventi. La decisione finale spetterà ora alla Cassazione, che dovrà valutare la fondatezza delle argomentazioni della difesa e dell’accusa.