Familiari di Francesco Chimirri a giudizio per l’aggressione al poliziotto Sortino: la Procura chiede quattro rinvii

Crotone – La morte di Francesco Chimirri, pizzaiolo quarantacinquenne noto sui social, non ha segnato la fine della vicenda giudiziaria che lo riguarda. Anzi, ha aperto un doppio fronte processuale. Da un lato, il procedimento che vede coinvolti quattro membri della sua famiglia per la violenta aggressione al vice ispettore Giuseppe Sortino; dall’altro, l’opposizione all’archiviazione dell’indagine per omicidio a carico dello stesso agente.

Il 29 aprile prossimo, davanti al giudice per l’udienza preliminare Assunta Palumbo, compariranno Domenico Chimirri (67 anni, padre della vittima), il nipote omonimo diciannovenne (figlio di Francesco), Antonio Chimirri (42 anni) e Mario Chimirri (37 anni), entrambi fratelli del pizzaiolo ucciso. Per tutti e quattro, il pubblico ministero Alessandro Rho ha avanzato richiesta di rinvio a giudizio con accuse pesanti: tentato omicidio aggravato, lesioni personali pluriaggravate, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, porto abusivo di armi e strumenti atti a offendere.

I fatti risalgono al 7 ottobre 2024, nel quartiere Lampanaro di Crotone, quando Sortino, secondo la ricostruzione degli inquirenti e delle analisi dei Ris di Messina, avrebbe inseguito Francesco Chimirri dopo due tamponamenti sulla Statale 106. La colluttazione esplosa nel cuore del rione avrebbe portato allo sparo fatale. La pistola di ordinanza dell’agente ha ferito mortalmente Chimirri, mentre Sortino sarebbe stato a sua volta aggredito violentemente dai familiari accorsi sul posto.

La dinamica resta controversa. Se da un lato il pm ha ritenuto che Sortino abbia sparato in legittima difesa, tanto da aver chiesto l’archiviazione per il reato di omicidio, dall’altro i legali della famiglia Chimirri, gli avvocati Tiziano Saporito e Andrea Filici, si oppongono fermamente. Hanno infatti depositato opposizione, sostenendo la necessità di ulteriori accertamenti.

Un elemento cruciale che emerge dalle indagini è il gesto del padre della vittima, che – secondo i carabinieri – avrebbe impedito al nipote di usare l’arma dell’agente per vendicarsi. Un’azione che, se confermata, avrebbe evitato un secondo possibile spargimento di sangue.

Intanto, l’intera vicenda si prepara a essere esaminata in aula, dove le responsabilità dovranno essere accertate in un clima segnato da dolore, tensione e risentimento.

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