BRESCIA – Il tribunale di Brescia ha riconosciuto il diritto al risarcimento per ingiusta detenzione al dottor Carlo Mosca, ex primario del pronto soccorso di Montichiari, finito al centro di una vicenda giudiziaria che lo ha tenuto per 522 giorni agli arresti domiciliari. Il medico era stato accusato di aver volontariamente somministrato farmaci letali a due pazienti durante la prima ondata di Covid-19, con l’obiettivo – secondo l’ipotesi accusatoria – di “alleggerire il carico del reparto”.
Le accuse, formulate dalla pm Federica Ceschi, si basavano sulle dichiarazioni di due infermieri, oggi indagati per calunnia. Secondo la Procura, Mosca avrebbe iniettato farmaci comunemente utilizzati per l’intubazione, ritenuti non compatibili con la vita in assenza di intubazione, al fine di accelerare il decesso dei pazienti. Il medico venne arrestato il 25 gennaio 2021 e rimase ai domiciliari fino al 1° luglio 2022, giorno in cui fu assolto in Corte d’Assise “per non aver commesso il fatto”.
La sentenza di assoluzione, presieduta dal giudice Roberto Spanò, è poi divenuta definitiva in appello. A novembre, i suoi avvocati Michele Bontempi ed Elena Frigo hanno presentato richiesta di risarcimento alla Corte d’Appello, sostenendo che gli elementi per evitare la misura cautelare fossero già presenti nella fase preliminare del procedimento.
Il risarcimento concesso è stato superiore alla semplice quantificazione matematica dei giorni di restrizione, a testimonianza del danno morale e professionale patito dal medico. “È stato riconosciuto – hanno dichiarato i legali – il sacrificio umano subito dal nostro assistito”. Mosca, tornato oggi in servizio come medico del 118, non ha mai smesso di affermare la propria innocenza: “Chi mi ridarà indietro quei tre anni di vita persi?”, ha commentato.