VICENZA – Si avvia verso la conclusione il processo per il disastro ambientale da Pfas davanti alla Corte d’Assise di Vicenza, presieduta dal giudice Crea e con giudice a latere Cuzzi. Nella giornata di ieri è intervenuta la difesa dei quattro dirigenti Miteni imputati, per i quali è stata chiesta l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”, in linea con quanto già proposto dal pubblico ministero Blattner.
Gli avvocati Novelio Furin e Marco Grotto hanno chiesto l’assoluzione per i loro assistiti: Mario Fabris, Davide Drusian, Mauro Cognolato e Mario Mistrorigo, tutti ex tecnici e procuratori dell’azienda chimica Miteni, attiva a Trissino, nel Vicentino. I difensori hanno sottolineato che nessuno dei quattro ha mai avuto potere direttivo effettivo o autonomia decisionale in materia ambientale.
I dirigenti sono coinvolti in un procedimento che complessivamente vede 15 imputati tra ex dirigenti di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation. Le accuse, a vario titolo, sono gravi: si va dall’avvelenamento delle acque, al disastro ambientale innominato, fino alla gestione illecita di rifiuti e a ipotesi di reati fallimentari. Secondo l’accusa, per anni sarebbero stati sversati Pfas (sostanze perfluoroalchiliche, nocive per la salute) nelle falde acquifere, con impatti pesanti su ambiente e salute pubblica in una vasta area del Veneto.
Secondo Grotto e Furin, i loro assistiti non avevano funzioni direttive. “Non erano nel consiglio di amministrazione e percepivano stipendi da semplici dipendenti. Non avevano alcuna autonomia di spesa”, ha detto Grotto, contestando anche la validità delle testimonianze a carico, in particolare quella di Guarracino, ex dirigente che avrebbe addossato su di loro le responsabilità.
Le mail aziendali prodotte in aula dimostrerebbero, secondo i difensori, che gli imputati non erano nemmeno a conoscenza dell’effettivo stato di contaminazione del sito. La versione finale del report ambientale, ha spiegato Furin, sarebbe stata voluta da un manager giapponese di Mitsubishi, Hosoda, e non da Fabris.
La sentenza è attesa nei prossimi mesi. Si tratta di un processo centrale per la giustizia ambientale italiana, con possibili conseguenze rilevanti anche sul piano civile e politico.