Roma, 25 Gennaio 2019 Un momento dell'inaugurazione dell'Anno Giudiziario presso la Corte di Cassazione ph. © Luigi Mistrulli (Roma - 2019-01-25, Luigi Mistrulli) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

Separazione delle carriere e giusto processo

E’ l’art. 111 Cost. ad imporre che il giudice sia terzo ed indipendente rispetto ad accusa e difesa e tale terzietà non può esistere in un sistema ove vi è un <<giudice accusatore>> ed un <<giudice giudicante>>

La riforma costituzionale in discussione è necessaria ma non sufficiente per la realizzazione di un giusto processo. 
Il giudice, imparziale e terzo, rappresenta una garanzia di efficienza del sistema giustizia globalmente inteso. 
La separazione delle carriere tra giudici e PM, non è una novità, essendo già prevista dalla Costituzione (art. 111 Cost.). 
La distinzione, netta, tra magistrati giudicanti e requirenti, per funzioni e ruolo, nettamente funzionale alla logica del processo accusatorio, è un FINE, non un MEZZO, per realizzare un processo penale più equo. Il giudice è soggetto solo alla legge (art. 117 Cost) ed il suo agire è improntato al principio di legalità; il PM è il detentore dell’azione penale, funzione doverosa che tollera spazi di discrezionalità, negati al Giudice. 
Data, già in attualità, la diversità di soggetti, di funzioni e di ruoli, il giudice ed il PM, non possono essere inquadrati in una medesima organizzazione ordinamentale. 
Da qui l’esigenza di prevedere distinti organi di autogoverno (art. 112 Cost.); il nuovo art. 104 Cost garantisce l’autonomia e l’indipendenza della magistratura: per rendere effettivi detti principi occorre organizzare l’ufficio del PM in modo efficiente; trasformare l’ordinamento giudiziario attraverso la valorizzazione di un diverso habitat mentale di PM e giudice, prevedere un’adeguata, distinta specializzazione, (fin dalla formazione e fin dall’accesso al concorso, che deve essere anche esso distinto), data la diversa funzione da espletare. 
Il giudice deve essere necessariamente terzo ed indipendente rispetto ad accusa e difesa: ciò non è sufficientemente garantito dalla mera separazione delle funzioni, data la matrice unitaria dei due soggetti che provengono dal medesimo concorso ed hanno avuto la medesima formazione unitaria. 
Giudici e PM rivendicano a vantaggio dell’unità delle carriere la cosiddetta cultura della giurisdizione. 
Lo ius dicere, quale attività deputata alla risoluzione di un conflitto secondo le regole del diritto, è un ufficio esclusivo del giudice, laddove, lo ius dicere, inteso come partecipazione comune ad un sistema di valori improntato al rispetto del principio di legalità, appartiene non solo a PM e giudici, ma anche al difensore, ovvero ai tre soggetti che appartengono al giudizio (peraltro, ancora in attualità, spesso si relega il difensore a mero soggetto processuale, con diversi limitati poteri, considerandolo, secondo la concezione del processo inquisitorio ante riforma, un soggetto magari poco affidabile, e, comunque, estraneo al sistema). 
Si tenta di escludere il difensore dalla triade della giurisdizione, in quanto proveniente da altra, diversa formazione… 
Per realizzare l’equo processo occorre prevedere diversa formazione tra giudice, PM e difensore. 
Il giudice deve essere soggetto soltanto alla legge, essere equidistante tra accusa e difesa, non può e non deve considerare l’accusa come il frutto dell’attività di un collega, che di conseguenza deve godere di un privilegio, di credibilità maggiore che giunge sino al paradosso.
La commistione incongrua tra PM e giudice è frutto di un problema culturale derivato dal mancato, parziale recepimento della ratio sottesa al sistema accusatorio che si spera di attuare proprio attraverso una sagace attuazione della riforma. 

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