Vai, Girardengo

<<Si è persa la memoria, una storia d’altri tempi, di prima del motore, quando si correva per rabbia o per amore>>: ho deciso di dedicare a Francesco De Gregori l’articolo di apertura di questa nuova testata on line, perché tra le canzoni del grande artista e le parole di Carlo Testa, quando mi ha proposto l’iniziativa e mi ha chiesto di dirigerla, vi è un filo comune, l’indipendenza e la lealtà intellettuale.

Con Carlo Testa siamo amici da circa mezzo secolo, come Girardengo e Sante Pollastri siamo partiti dallo stesso borgo, ovvero una società ove i valori erano al primo posto, ove nessuno rinnegava la storia, le proprie origini, i propri genitori, l’Italia.

Era l’inizio degli anni ottanta e, nel foro di Roma, vi era un gruppo di giovani avvocati che, come Sante il bandito, aveva una <<grande passione>>, la politica e la socialità da realizzare attraverso l’impegno nel mondo della giustizia, che non è costituito esclusivamente dalle aule dei tribunali e dai magistrati che ne vogliono avere l’egemonia, ma dai tanti protagonisti che vivono al suo interno, primi tra tutti gli avvocati, ovvero le milioni di persone che ogni anno vi si avvicinano nell’aspettativa o nel timore della giustizia.

A quanti cittadini potremmo dire <<al proprio destino nessuno gli sfugge, cercavi giustizia, ma trovasti la Legge>>?

Erano gli anni del C.I.D.A.F., il Centro Italiano di Azione Forense, motore di un’avvocatura che si richiamava a quelli che erano i nostri valori, ove il presidente ed il segretario dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Giuseppe Valensise e Domenico Battista, avevano l’abitudine di riunirsi spesso con i colleghi dell’associazione per discutere non tanto delle ultime novità giurisprudenziali, ma del rapporto tra ius e polis, ogni giorno più distante, con le sentenze rese sempre in nome della legge, ove però quest’ultima appariva ogni giorno più lontana dal sentire popolare.

Vi era chi, come Federico Bucci, candidatosi solitario alla fine degli anni 70 con lo slogan <<un procuratore al Consiglio dell’Ordine>>, voleva dare un segnale di discontinuità al mondo forense, affermando la propria grande personalità rispetto ai colleghi allora più prestigiosi della propria area.

Proprio quarant’anni fa, in questi giorni, Carlo Testa decise di far propria l’area intellettuale giovanile, fondando l’A.Gi.For.: doveva essere la costola giovanile di quel mondo umano, per andarvi oltre.

Non aderii a quell’iniziativa, perché pensavo che avrebbe relegato le giovani intellettualità in un’area di parcheggio, ove si sarebbero dissolte per ragioni anagrafiche con il trascorrere degli anni.

Sempre amici, ma anche competitori, perché tali divengono gli amici quando si crea qualcosa di nuovo, volendo affermare sé stessi al di là degli schemi esistenti.

E’ probabilmente ingiusto, ma è naturale perché è umano.

Carlo Testa, come Federico Bucci, all’interno dell’avvocatura, hanno avuto negli amici i primi ostacoli, salvo poi con loro ritrovarsi, quando hanno dimostrato di avere la forza per portare avanti i comuni valori intellettuali e sociali.

Quando, ai fini dello scorso anno, Carlo Testa mi ha telefonato per comunicarmi che l’Accademia Nazionale del Diritto, di cui è presidente, voleva affidarmi l’incarico di dirigere questa nuova iniziativa, ho aderito con gioia, ancora una volta erano vere le parole di Francesco De Gregori <<La storia siamo noi, nessuno si senta offeso, siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo. La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso>>.

La società e la legge, con i suoi tribunali ogni giorno più distanti dalla gente, con persino udienze fittizie chiamate cartolari, perché non si ha il coraggio di affermare che il giudice vuole decidere da solo, senza vedere le parti ed i loro difensori, ostacolo all’egemonia assoluta di chi è vincitore di un concorso pubblico che lo abilita a decidere in nome del popolo, ma da esso il più lontano possibile.

Per mie scelte coerenti non sono riuscito ad avere incarichi parlamentari: ove avessi concluso positivamente questo percorso, mi sarei adoperato per imporre le telecamere in ogni aula giudiziaria, con loro libero accesso a tutti i media, per rendere nuovamente pubblici i processi, penali, civili, amministrativi e tributari.

Altro che privacy, l’amministrazione della giustizia è il cuscinetto ammortizzatore dei conflitti sociali ed avviene in nome del popolo, deve essere trasparente e comprensibile, ove non si voglia che qualcuno pensi di farsi giustizia da solo.

<<Sante è sempre più lontano, è sempre più distante, sempre più lontano, sempre più distante>>, ma chi ascolta quella canzone immagina veramente Sante come un bandito? Egli rapinava solo quelle banche che trovano la legge a difenderle…

Ius & Polis darà spazio alle vicende delle aule di tribunale, perché raccogliendole in un unico portale web, offrirà la dimensione di un fenomeno sociale che, per essere correttamente recepito, deve essere il più possibile pubblico, ma non si limiterà a ciò.

Questa non è una testata specializzata ad esaminare questioni di puro diritto, ancorché vi è una sezione destinata agli interventi dottrinali e di analisi della giurisprudenza: il fine è di riavvicinare diritto e società e ricondurli a quei valori che non possono essere impersonati da un’intelligenza artificiale che analizza numeri, ma resta estranea ai sentimenti.

Sono nato sotto il segno dei pesci e, come De Gregori che ha scritto la sua tesi di laurea su Mussolini socialista, condivido il pensiero di Renzo De Felice sulla nostra storia e, quindi, insieme all’editore, da questa testata vogliamo cantare, giovani e diversamente giovani, tutti insieme ed abbracciati <<viva l’Italia metà giardino e metà galera, viva l’Italia, l’Italia tutta intera>>.

6 comments
  1. Plaudo al desiderio di salvaguardare i sentimenti, le emozioni alle semplici deduzioni dettate dall’ esclusivo uso della ragione dell’ intelligenza

  2. Caro Romolo, io sono nato sotto il segno dei gemelli e sono perfettamente d’accordo sulla tua analisi dell’interessato formalismo dell’esercizio della giurisdizione che oggi caratterizza il processo.
    Oggi v’è stata una ferrea buracritizione cartolare del confronto processuale che ha allontanato i giovani dalla professione e dai tribunali ed i cittadini dallo organizzatore e garante della effettività della giurisdizione in un processo leale, aperto ed intellegibile.
    Giovani avvocati mi dicono che l’avvocato ha sbagliato tutto se ha portato la causa in tribunale.
    Se rifletti sulla imperscrutabile calendario che ciascun giudice da ai tempi del proprio lavoro e sull’arbitrarietá dei compensi del l’opera degli avvocati, ti rendi conto che i giovani colleghi esprimono una sintesi veritiera.
    Se guardo alla inscalfibile vacuità
    del controllo disciplinare sui magistrati, mi prende il timore che la professione forense al servizio dei cittadini comuni non abbia un grande futuro.
    Hai assunto un compito arduo!!! Perché tu abbia successo i miei auguri più fervidi.

    1. Carissimo collega, direi Maestro,
      hanno perfettamente ragione i giovani, però purtroppo spesso per molti di loro il problema reale è che non sono in realtà capaci di portare una causa in Tribunale.
      Quando feci pratica io, il dominus era veramente tale, da lui non si pretendeva denaro, ma insegnamenti e correzioni degli errori: oggi il mondo è cambiato, anche per quanto riguarda la Magistratura, che è lo specchio dei tempi. Giustizia, legge e potere giudiziario, dovrebbero essere una sintesi, sono tre corpi estranei l’uno dall’altro, purtroppo. E se lo dicono le canzoni amate dalla gente di colori politici contrapposti, allora è la verità.
      Dai Girdango, vai…
      Un abbraccio ed auguri di buona Pasqua

  3. Caro Collega,
    ringrazio Te, il Collega Carlo Testa e tutti coloro che collaboreranno a questa lodevole iniziativa che spero porterà linfa vitale alla nuova avvocatura grazie alle radici ancora forti di chi si è formato in un periodo in cui vi erano molti Maestri da cui imparare non solo tecniche e nozioni, ma soprattutto l’animus operandi dell’Avvocato, attento paladino del Diritto in favore di tutta la società.

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