REGGIO EMILIA – «Un processo costruito senza fondamenta, come un triplo salto mortale senza trampolino». Con questa metafora, l’avvocata Cinzia Bernini ha sintetizzato la posizione difensiva di Annalisa Scalabrini, assistente sociale imputata nel procedimento per i presunti affidi illeciti in Val d’Enza, affiancata in aula dalla collega Elisabetta Strumia. La pubblica accusa, rappresentata dalla pm Valentina Salvi, ha chiesto una condanna a sei anni e quattro mesi per falso e frode processuale aggravata.
Secondo la Procura, Scalabrini avrebbe agito indirettamente per alterare lo stato emotivo della minore A.B., riducendo intenzionalmente gli incontri con la famiglia d’origine per indurre in errore la ctu. Ma la difesa ha smontato ogni passaggio: gli incontri non furono diradati, anzi, si intensificarono progressivamente.
Elemento chiave è il ruolo della psicologa Beatrice Cassani, consulente tecnica del Tribunale per i Minorenni. Cassani ha ammesso in aula di aver distrutto i file audio originali delle sedute osservate, trascrivendo solo i contenuti ritenuti “rilevanti”. Una prassi che la difesa ha definito gravemente compromettente per l’attendibilità dell’elaborato peritale. Nessuna delle trascrizioni conteneva dichiarazioni dirette di Scalabrini, mentre si riportavano capi d’imputazione di altri procedimenti ancora in fase preliminare.
A rafforzare la posizione dell’assistente sociale, una mail inviata da Cassani a Scalabrini dopo la chiusura della perizia, in cui la ringraziava per la collaborazione, esprimendo fiducia per il futuro della bambina.
Sul fronte del caso A.O., Strumia ha escluso qualsiasi intento doloso nella redazione delle relazioni socio-sanitarie, contestando l’interpretazione dell’accusa circa la presunta falsità di alcune osservazioni su giochi, alimentazione e cure dentarie. Nessun elemento, secondo la difesa, può configurarsi come falso ideologico.