Intervista a Livio Buffo, difensore del Made in Italy

In attesa di sapere cosa ne sarà dei prodotti italiani in seguito alle decisioni dell’amministrazione statunitense sui dazi, alla Camera dei Deputati nel corso dell’evento “Europa, etichette, dazi e vino: contromisure per tutelare il Made in Italy”, è stato presentato il progetto/sito “MADENOTINITALY.COM”, ideato dall’agenzia di comunicazione Cenacoli e da oscarwine, uno dei portali sul vino più letti in Italia, per contrastare il fenomeno dell’italian sounding. Alla presentazione hanno partecipato l’on. Marco Cerreto, il vicepresidente del Senato Gian  Marco Centinaio, Andrea di Paolo, vicepresidente di BAT Italia e Massimo Garzillo, Responsabile mercato vini e alcolici Poligrafico dello Stato e Livio Buffo, Ceo di Cenacoli e fondatore di oscarwine, ideatore della tavola rotonda e del sito, che abbiamo intervistato.

Buffo, come nasce l’idea di madenotinitaly.com?

“Conosco bene le ansie e i timori dei produttori di vino, per non parlare dei problemi che incontrano all’estero, tra cui quello dell’italian sounding. Non potendo fare niente sui dazi – questione ovviamente fra la UE e gli Stati Uniti – ad accezione di trasmettere al mondo politico le richieste delle cantine, abbiamo deciso di sviluppare un progetto finalizzato a far recuperare al mondo del vino, e più in generale all’agroalimentare, quello che perdono a causa di questa forma truffaldina di marketing.”

Ci spieghi meglio…

“In tutto il mondo, l’italian sounding fattura poco di più del nostro export. Ovviamente, si tratta di prodotti che di italiano non hanno niente, non vengono dal nostro paese ma da quello in cui sono in vendita. Un nome che ricorda l’italiano, un tricolore e il gioco è fatto. La gente, ignara, acquista e toglie fatturato alle nostre aziende.”

La vostra soluzione?

“Fare cultura. Con il portale madenotinitaly.com offriamo un sistema per segnalare questi prodotti. Attraverso un form si potrà indicare il paese e la città dove il prodotto è in vendita, il prezzo, aggiungere note personali e inserire una foto, il tutto in maniera anonima. In questo modo avremo contezza di quali sono i prodotti in circolazione e segnalarli alle nostre istituzioni, oltre che ad avere dei dati statistici. Esistono gli strumenti per combattere la pratica dell’italian sounding ma questo non è il nostro compito.”

Prima ha detto fare cultura

“All’estero credono che prodotti di scarsa qualità siano italiani, togliendo credibilità ai nostri. È fondamentale che la gente comprenda che non vengono dal nostro paese, che capiscano la differenza. Poi c’è la questione dei prezzi che, ovviamente, vedono questa filiera avvantaggiata rispetto alla nostra.”

Avete avuto primi riscontri?

“Tantissimi messaggi. Abbiamo scoperto che nella comunità di New York c’è chi fa assaggiare i nostri prodotti per promuoverli…vi rendete conto? Non dovrebbero essere i nostri connazionali a fare questo, ma le istituzioni.”

Ha in mente altro per rafforzare il progetto madenotinitaly? 

“Ci stiamo organizzando per un tour in alcune città estere dove incontrare la comunità italiana e le Camere di Commercio ma è fondamentale l’appoggio politico. Al momento il senatore Centinaio e l’onorevole Cerreto, due esperti della materia, ci stanno sostenendo ma stanno arrivando altri attestati da Camera e Senato. È un lavoro che richiederà tempo ma va fatto: la miglior difesa è l’attacco.”

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