
L’uomo può essere paragonato a un aquilone, il quale per rimanere in quota, com’è noto, ha bisogno di un equilibrio stabile, rischiando altrimenti di cadere.
L’equilibrio costituisce anche per l’uomo, infatti, un comportamento essenziale per il lodevole apprezzamento socio-giuridico. “In medio stat virtus”, affermavano i progenitori del diritto attuale.
L’equilibrio, anche nella individuazione del giusto risarcimento del danno, costituisce un principio giuridico fondante delle decisioni virtuose, concepito per riportare le liti alla loro pacifica composizione, e non solo, dal momento che esso è anche elemento di valutazione di tutte le condotte umane, il cui pregio è riconosciuto quando vi si riscontra il rispetto di valori giuridici storicizzati.
Non sempre, però, è dato di evincere questa fondamentale equivalenza risarcitoria.
Le offese inflitte, ad esempio, alla reputazione, esposta attraverso i media al pubblico ludibrio nel corso di taluni accertamenti giudiziari, rivelatisi a distanza di tempo privi di fondamento, non pare che ricevano sempre un risarcimento pari al danno ad essa arrecato. Non è dato riscontrare in tali vicende, infatti, che l’interesse pubblico ad essere informati in ossequio al diritto d’informazione, sia prevalente, o quantomeno pari, nei casi concreti, alle conseguenze dannose, morali e materiali, arrecate a chi viene esposto immeritatamente alla gogna mediatica.
Apparirebbe pertanto opportuna, se non necessaria, una regolamentazione del valore sociale di entrambi questi diritti, nei casi concreti, al fine di evitare la sproporzione del danno prodotto rispetto a quello d’informazione.