Tre anni di processo, una sentenza ribaltata e un messaggio chiaro: l’esperienza sessuale di una vittima non può diventare un’attenuante per chi abusa di lei. È il principio riaffermato dalla Corte d’appello di Ancona, che ha condannato a tre anni di reclusione un uomo di 31 anni, accusato di violenza sessuale su una ragazza di 17.Nel 2022 il Tribunale di Macerata lo aveva assolto, sostenendo che la giovane “aveva già avuto rapporti” e “poteva immaginarsi gli sviluppi della situazione”. Parole finite al centro di un’ondata di proteste, definite “offensive e retrive” da associazioni e parlamentari.L’appello, celebrato ad Ancona, ha ribaltato completamente l’esito. La sostituta procuratrice generale Cristina Polenzani aveva chiesto quattro anni e un mese di condanna, ricordando che “il consenso non si presume mai” e che “il silenzio o la paura non equivalgono a consenso”.La ragazza, secondo quanto emerso in aula, aveva confidato all’amica di aver “subito del male” e ha poi intrapreso un percorso psicologico lungo due anni. Il collegio giudicante ha riconosciuto la responsabilità dell’imputato “per atti sessuali privi di consenso, pur in forma attenuata”.La difesa, che continua a sostenere la correttezza della prima sentenza, ha annunciato ricorso in Cassazione, parlando di “ricostruzione basata su indizi”. Ma il verdetto di Ancona segna una svolta simbolica: quella di una giustizia che, dopo aver vacillato, riconosce che nessuna esperienza passata può giustificare l’abuso del presente.
Add a comment