Si aprirà nel maggio 2026 davanti al Tribunale di Bologna il processo nei confronti di un uomo di 34 anni, accusato di stalking ai danni del proprio coinquilino. Secondo la ricostruzione della Procura, l’imputato avrebbe sottoposto il giovane, un 28enne, a un anno di vessazioni, insulti e minacce di morte a sfondo omofobo.
L’indagine, coordinata dalla pm Francesca Rago, è partita dopo la denuncia della vittima, che, assistita dall’avvocata Alessia Romano del foro di Venezia, ha raccontato alle autorità di essere stata costretta a lasciare l’abitazione per paura. I fatti, stando al fascicolo, sarebbero iniziati nell’ottobre del 2023 e proseguiti fino alla fine del 2024.
“Vi rovino la vita, non avete idea di cosa vi possa succedere”, avrebbe urlato più volte il 34enne non solo contro il coinquilino, ma anche contro gli altri inquilini della casa. In diverse occasioni, l’uomo avrebbe lasciato musica ad alto volume durante la notte, imbrattato spazi comuni e pronunciato frasi minacciose: “Mandaci gli albanesi, dopo che gli hanno rotto le ossa gli danno il monopattino in regalo”, avrebbe detto parlando al telefono con un amico, ben consapevole che la vittima lo sentisse.
Il Gup di Bologna ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio, riconoscendo nel comportamento dell’imputato un quadro persecutorio continuato. Tuttavia, nel capo d’imputazione non compare la matrice omofoba, poiché in Italia non esiste ancora una legge che qualifichi come aggravante le discriminazioni basate su orientamento sessuale o identità di genere.
Il caso rilancia così il dibattito sul vuoto normativo che lascia prive di tutela specifica le vittime di violenza omotransfobica. In attesa del processo, la vicenda rimane simbolo di come episodi chiaramente discriminatori vengano ancora trattati come semplici conflitti di convivenza